Schegge di poesia di un Albertazzi autobiografico
Rodolfo di Giammarco, «La Repubblica».
L’ultimo, inatteso, appassionato, insospettabilmente delicato, e pentito, e struggente spettacolo di Giorgio Albertazzi, è in un libro, Poesie e pensieri, pubblicato da Cue Press, co-curato con impagabile sentimento alla moglie Pia Tolomei di Lippa, da Mariangela D’Abbraccio già partner e compagna, e da Eugenio Murrali. Ha senso di memoria storica e discreta, la prefazione di Walter Veltroni, dove si dà anche lustro ai versi umani dedicati all’attore Antonio Crast. Ma a sollecitarvi, a spiazzarvi direttamente saranno i bagliori di Mia vita e morte, l’ubriacatura di Muoiono i nonni, gli occhi pieni d’Arno de Il mio fiume, o l’arrivare impreparati di Filastrocca per un compleanno dell’ottuagenario Giorgio che nel 2003 butta giù parole in libertà perentoria al Teatro Argentina («Ai miei amici qui/ dedico la matassa/ intricata e anarcoide/ della mia vita»). Anche se poi le pietre miliari incastonate qua e là — bello il montaggio diacronico dei pezzi — ha a che fare col diario serio o fibrillante degli affetti, a cominciare dall’indimenticato testimoniare della dedizione di teatro-vita per Bianca Toccafondi, sostando sulla ditta d’arte e di scena condivisa con Anna Proclemer, rivedendo in moviola Mariangela D’Abbraccio, evocando Elisabetta Pozzi da giovane, di fatto soffermandosi con una vera letteratura di meditazioni, poemi, appunti ed emozioni mature per Pia Tolomei di Lippa. Qua e là cita Gassman, e scatta qualche inimmaginabile affinità tra le poesie per Pia e il «Donna mia, moglie mia...» che Vittorio riservò a Diletta nei suoi Vocalizzi. Bravo, Albertazzi, quando a posteriori mette in guardia tutti contro di lui: «Attenti, quando recito, ai vuoti, ai contrattempi/ ai controtempi, all’assenza e al delirio» . Poi, certo, è dispersivo, fanatico e agé, con l’eterno femminino, ma sincero con Adriano. Questa è l’ultima sua scheggia autobiografica autorizzata.